Mi sono sposata a quattordici anni. Eravamo bambini, io e mio marito. Lui aveva diciassette anni. Le nostre famiglie erano molto rigide, dovevamo obbedire senza fiatare, per rispetto a loro. In Romania il rispetto dei genitori è tutto.
Abbiamo venduto quello che avevamo per venire in Italia a cercare lavoro, a cercare una vita diversa per noi e i nostri due figli. Arrivata qui non avevo niente: nessuna casa, nessun lavoro, nessun documento e due figli da accudire.
Indietro non potevo tornare. Eppure, senza documenti non potevo lavorare e senza lavoro non potevo mantenere la mia famiglia.
Ho vissuto per strada con i miei bambini. Siamo riusciti a trovare un vecchio furgone e ci siamo sistemati in un parcheggio. Ho tolto i sedili e ho messo sul retro un materasso per farli dormire. Io dormivo fuori. Dopo abbiamo trovato una casa abbandonata e abbiamo vissuto lì, per un po’.
Lì venivano a trovarci delle persone. Lucia e Giovanna, ad esempio, che aiutano gli stranieri, e anche degli assistenti sociali. Grazie a queste conoscenze ho potuto partecipare ad un corso gratuito per collaboratrice domestica. Per la prova pratica del corso sono stata mandata in un convento di suore. Sono state gentilissime e oneste con me, mi hanno aiutato molto. Le sento ancora e ogni tanto vado a fare le pulizie quando hanno bisogno.
Nello stesso periodo ho iniziato un tirocinio a L’Ovile e in quel modo riuscivo a portare a casa i soldi per i miei figli, ma non abbastanza per mandarli a scuola. Mi sono arrangiata come potevo. A volte venivano al lavoro con me dalle suore.
Dopo qualche tempo, ho dovuto lasciare la casa dove vivevo e il tirocinio è terminato. Ero di nuovo per strada. Avevo un attestato che diceva che so fare le pulizie, ma non me ne facevo niente. Ero senza fissa dimora.
Ho trovato aiuto alla Caritas, che mi ha dato un alloggio e grazie ad una mia amica ho conosciuto una persona che si è offerta di aiutarmi. Non potevo uscire dalla miseria senza i documenti. Senza documenti non hai un’identità, non hai un indirizzo. Non hai diritto a niente. Lui mi ha aiutato a prendere la residenza. Ora purtroppo non c’è più.
Sono dieci anni che vivo in Italia come immigrata regolare e finalmente posso lavorare e badare alla mia famiglia, che è sempre più grande. Proprio in Italia è nata la mia terza figlia.
Avevo ancora bisogno di un lavoro, ma il tirocinio non lo avrei più accettato, perché mi serviva stabilità. Volevo un contratto. Alla fine l’ho avuto, proprio a L’Ovile in laboratorio di assemblaggio.
Ho sempre fatto lavori pesanti. Forse per questo oggi la mia salute non è di ferro. Eppure, io sono sempre stata così: parlo poco, lavoro tanto e non ho paura della fatica. Faccio anche le cose che tutti dicono essere “da uomo”, come lavorare al nastro trasportatore. Mi è sempre piaciuto moltissimo e oggi, per colpa della mia salute, purtroppo non posso più farlo.
Cerco di non pensarci, ma la vita ha molti debiti con me.
Non ho avuto una giovinezza, non sono andata a ballare, non sono uscita con gli amici come dovrebbero fare le ragazze a quattordici anni. Non ricordo di avere riso o di essermi davvero divertita, mai. Non ho mai dedicato tempo a me stessa o ai miei sogni. Se potessi tornare indietro, sceglierei una strada diversa.
A volte torno in Romania e i miei genitori mi dicono di attendere, diventare vecchia e “ritirarmi” al mio paese, si dice così. Lo dice anche mio marito: «I nostri figli ci aiuteranno, dopo quello che abbiamo fatto per loro.»
Tornare in Romania mi piace quando ci vado in vacanza. Se è passato tanto tempo dall’ultima visita, mi manca molto. Poi, quando sono là vedo le persone anziane vivere alla giornata, arrangiarsi guadagnando qualche soldo con le vendite ai mercatini dell’usato e spendere denaro senza dargli alcun valore. Mia madre non mi capisce, ma io non mi ci vedo più a vivere così. Quando sono in viaggio e vedo il cartello “Reggio Emilia” tiro un sospiro di sollievo e penso: «Casa.»
L’unica cosa che mi rallegra sono i miei figli. Penso a loro in ogni momento e mi preoccupo della loro felicità e del loro futuro. Per nessun motivo avrei lasciato che loro, soprattutto le mie ragazze, avessero la vita che ho avuto io. Ho fatto di tutto perché potessero studiare e non le ho mai forzate a seguire le tradizioni o i miei desideri.
Ora i miei figli sono grandi e quasi tutti indipendenti, sono molto fiera dei traguardi che hanno raggiunto nel lavoro e nella vita, eppure hanno ancora bisogno di me. Sono ancora il punto di riferimento della mia famiglia, ma io non ci sarò per sempre! Devo insegnare ai miei figli molte cose, anche come essere bravi genitori. Devono capire che il mondo non è sempre un bel posto.
Adesso sì, a volte ballo e rido, ai compleanni dei miei figli e dei miei nipoti. Tutta la famiglia mi guarda. Ridono e rimangono sorpresi perché non è da me fare la sciocca. Sono momenti in cui sto bene, ma il debito che ha con me, la vita non lo ha ancora saldato.