21 marzo: Giornata Mondiale delle Persone con Sindrome di Down. 2 aprile: Giornata Mondiale della consapevolezza sull’autismo. Appuntamenti importanti per cooperativa L’Ovile, che accoglie nei suoi tre centri socio-occupazionali Ecocreativo, I-Lab e Nessuno Escluso 102 persone con differenti fragilità (dati Bilancio Sociale 2019), coinvolte in percorsi di autonomia e progettualità personalizzate.
Abbiamo chiesto ai coordinatori dei centri che cosa è mancato agli ospiti e come si è sopperito all’inevitabile cambiamento dei loro stili di vita che la pandemia ha causato.
«Una prima precisazione è d’obbligo» ci dice Emanuele Mussini, coordinatore di Ecocreativo. «I bisogni di persone che hanno la sindrome di Down, o a cui è stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico, sono davvero vari e differenziati. Sgombriamo quindi il campo dalle generalizzazioni. Nei nostri ospiti ho riscontrato un grande disorientamento rispetto alla routine consolidata. I progetti hanno subito uno stravolgimento, la frequenza e la tipologia delle attività sono cambiate, le associazioni che erogano servizi per il tempo libero non hanno potuto svolgere gran parte delle iniziative e dei corsi solitamente attivi. Un caos che si è riverberato inevitabilmente sulla vita e l’emotività dei fruitori fragili».
Che cosa è stato messo in campo per sopperire a tutto questo? «Ciò che più è mancato – prosegue Emanuele – sono le attività che consideriamo accessorie: sport, tempo libero, momenti di socialità, eventi, gite. Non siamo in grado di sopperire in toto a queste esigenze, ma abbiamo rivoluzionato la nostra organizzazione, per garantire la sicurezza contro il contagio e per aprire spazi di relax, relazione, attività fisiche e all’aria aperta: ginnastica posturale e meditazione Mindfulness, ad esempio. Non ci illudiamo che sia sufficiente, ma con la bella stagione in arrivo potremo potenziare queste proposte e garantire una continuità per il bisogno di decompressione fisica ed emotiva che tutti noi abbiamo, e che le persone fragili faticano maggiormente a gestire».
Monia Spallanzani, coordinatrice di I-Lab, ci spiega come operatrici e operatori siano giunti a un’importante consapevolezza: «Abbiamo ampliato il nostro concetto di flessibilità, ripensando la nostra organizzazione e ristrutturando le attività per renderle sicure e fattibili. L’obiettivo è sempre quello di ascoltare e comprendere il bisogno delle persone fragili e riempire quei vuoti lasciati dalle attività che non ci sono più. Ci siamo messi in gioco perché sappiamo che la relazione, ostacolata dalla pandemia, è un fattore importantissimo per la salute dei nostri ospiti. Ci sentiamo tutti isole in mezzo al mare: come può essere per chi ha meno strumenti di noi per comprendere ciò che accade? Quello che resta è una grande solitudine e il nostro compito è alleviarla, garantendo la continuità».
«Mi associo a quanto riferito dai colleghi» afferma Patrizia Boni, coordinatrice del Nessuno Escluso. «Abbiamo ritrovato i nostri utenti peggiorati dal punto di vista delle autonomie e dei ritardi cognitivi». Patrizia riferisce di una considerevole perdita della memoria e di senso dell’orientamento negli ospiti: gli operatori hanno ritrovato persone diverse e relazioni da ricostruire, sebbene ci sia stato un dialogo durante il lockdown della primavera 2020.
«Inoltre, molti nostri ospiti con Sindrome di Down hanno un’età piuttosto avanzata, dai 50 anni in su» ricorda Patrizia. «Abbiamo sempre cercato, con le attività e le abitudini del centro, di contrastare la sedentarietà e l’alimentazione scorretta per evitare patologie cardio-vascolari. Il lockdown purtroppo è stato deleterio: le routine si sono scardinate, l’alimentazione disordinata e la sedentarietà ci hanno restituito ospiti più affaticati, aumentati di peso e meno inclini all’attività fisica. Ora, con l’aiuto costante delle famiglie, lavoriamo per riattivare una quotidianità virtuosa».
Al di là delle specificità, ci sono stati punti in comune nelle esigenze degli utenti durante questi mesi difficili? «Sicuramente», ci dice Patrizia. «Un estremo bisogno di tornare alla relazione, agli incontri, per fuggire la noia e l’obbligo di stare in casa. Tanta voglia di ripartire. Tornati al Nessuno Escluso però, pur nello sforzo riorganizzativo che abbiamo compiuto per garantire continuità alle famiglie, gli ospiti non hanno trovato ciò che c’era prima. La normalità è una “nuova” normalità. C’è molto da ripensare, insieme a Servizi, utenti e famiglie».
La volontà di garantire presenza e continuità c’è sempre, ma lo sforzo è raddoppiato per operatrici e operatori del settore. Adesso, con l’arrivo dei vaccini – molti utenti dei socio-occupazionali sono già stati vaccinati – i coordinatori sperano in una maggiore tranquillità emotiva dei propri utenti e delle loro famiglie: «Seguono i tg, ascoltano la radio: le angosce dell’attualità sono anche le loro» sottolinea Patrizia. «E’ nostro compito mantenere alta l’attenzione sul rispetto delle regole anti-contagio, ma anche rassicurare ed esserci».