Ero al mare con i miei genitori, in Sicilia. Ero piccola, forse avevo tre anni. Passeggiavo sul bagnasciuga. Ero abituata a pensare che i miei genitori fossero sempre lì dietro di me e procedevo tranquilla. Ad un certo punto mi girai e loro non c’erano, ero sola. Ricordo che non mi interessava: vidi poco lontano la postazione del bagnino, quell’omino chiuso dentro la sua scatolina là in alto. Andai da lui, senza timore, e dissi più volte: «Mi sono persa». Non dissi il mio nome, ma per fortuna era scritto sulla mia maglietta e così lui chiamò i miei dall’altoparlante. Per tutto il tempo, non ebbi mai paura.
Mi sono successe altre esperienze simili, da grande: momenti di spaesamento. Ho faticato molto in una scuola che non mi piaceva, ho avuto un incidente in motorino, mi sono persa a Tor Vergata durante il Giubileo del 2000, ho perso la mia mamma pochi anni fa. Ci sono stati molti intoppi nella mia vita e allora sì, ho avuto paura.
E ho capito che quando sei bambina, nulla ti spaventa. È quando cresci che cominci ad aver paura di tutto.
Per fortuna, una parte di me è rimasta bambina. La mente ritorna a quando la maestra Vanna mi portava alle giostre a Bibbiano. Ricordo i pomeriggi passati con le mie bambole al negozio di alimentari dei miei, a Cavriago. Mi arrampicavo sulla lunga scala che conduceva al soppalco per passare il tempo a giocare e immaginare tra me e me.
Forse è così che ho cominciato a raccontare delle storie. Dopo il lavoro amo passare il tempo alla Biblioteca Panizzi nella sezione ragazzi e un po’ per caso mi sono ritrovata a scrivere favole per bambini. Spero di pubblicare presto il mio primo libro.
La vita mi mette sempre davanti nuove sfide, nuove cose di cui avere paura. Dopo l’esperienza al CTO ho imparato che cosa significa lavorare e ho iniziato davvero a badare a me stessa. I miei genitori mi hanno sostenuta, ma ho dovuto cavarmela da sola per diventare indipendente. Ho imparato a prendere l’autobus, a non perdermi e a non fare tardi al lavoro, sono andata a vivere da sola, pagandomi le bollette.
La paura ha bussato di nuovo alla mia porta quando la mamma è mancata. Avevo già perso altre persone in famiglia, ma questo è stato un colpo enorme. Ero al lavoro quando l’ho saputo. Non potevo crederci e ho iniziato a piangere davanti a tutti. Pensavo che senza la mamma non mi sarebbe importato più di niente, neanche del lavoro e di tutto il resto. Nulla contava se lei non era più con me.
Ho passato un periodo molto buio, ho dovuto allontanarmi da tutto. Con il tempo però le cose sono migliorate, pian piano la ferita ha iniziato a rimarginare.
Adesso desidero ripristinare le autonomie che avevo acquisito nella mia vita e che in parte ho perso. Da quando la mamma non c’è più sono tornata a vivere con mio papà: il nostro rapporto non è sempre perfetto, ma siamo presenti l’uno per l’altra. Ho portato con me il mio gatto Simba – prendermi cura di lui mi ha aiutato molto a responsabilizzarmi quando vivevo sola. Voglio continuare ad accudire mio papà e a fare la brava bambina, ma ho anche bisogno del mio spazio.
Ci sono sempre molte cose di cui avere paura e di cui preoccuparsi, nella vita. Forse è il prezzo da pagare per raggiungere i propri obiettivi. Il mio segreto è affrontare le difficoltà subito e non vergognarmi mai di chiedere aiuto quando ho bisogno.
Qualcosa che mi manca? Non la gentilezza, non la dolcezza, non la sensibilità verso le persone care. Qualcuno al mio fianco, questo sì. Inizio a sentire l’esigenza di condividere la vita con una persona a cui volere bene: ancora non è arrivato, ma se ho pazienza, raggiungerò anche questo traguardo.